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Inverter per fotovoltaico: cos’è e come funziona

Ti stai appassionando al discorso del risparmio energetico perché ti ritieni un consumatore consapevole e rispettoso dell’ambiente. Ti stai perciò informando sul mondo del fotovoltaico e su come installare un impianto. Nel nostro blog spesso affrontiamo temi relativi al fotovoltaico e all’energia solare. Oggi vogliamo parlarti di un componente importantissimo per questo tipo di impianti: l’inverter. Scopriamo allora di cosa si tratta e come funziona un inverter.

Che cos’è un inverter e a cosa serve

Arriviamo subito al punto e ti diciamo che un inverter non è altro che un “convertitore” di corrente. In pratica è un elettrodomestico che trasforma la corrente che arriva dall’energia solare in corrente elettrica che si utilizza comunemente in tutte le nostre abitazioni o uffici. Il suo aspetto è quello di una specie di scatola metallica: al suo interno contiene dei dispositivi elettrici adatti alla conversione. Ma le funzioni di un inverter non si esauriscono qui, perché tra i suoi compiti c’è anche quello di consumare il meno possibile l’energia solare accumulata dai pannelli del fotovoltaico.

Tutti i vantaggi dell’utilizzo di un inverter

Possedere un impianto fotovoltaico che si avvalga di un inverter di buona qualità consente di ottenere numerosi vantaggi in termini economici e di ecosostenibilità. Un buon inverter infatti innanzitutto riduce al minimo i costi che possono derivare dalla conversione da energia solare ad elettrica. In secondo luogo si occupa di aggiustare sempre i valori delle variazioni di tensione e, di conseguenza, di regolare la frequenza dell’energia elettrica (non ci saranno perciò mai cali di tensione e abbassamenti di energia). Questo significa che funge anche da ottimizzatore dei livelli di energia e che protegge l’impianto da cortocircuiti e blackout. Oltre a ciò, un buon inverter è “intelligente” e capisce se si è in presenza di guasti o cattivo funzionamento dell’impianto. In questo caso invia segnalazioni a chi di dovere. Capisce, infine, e regola, la propria temperatura. Ad ogni modo consigliamo di tenere l’inverter sempre in luoghi freschi e privi di umidità.

Le diverse tipologie di inverter: monofase (o trifase), con trasformatore e a onda modificata

In commercio non si trova un solo tipo di inverter, ma si può scegliere tra alcune tipologie ben distinte: monofase, che si contrappongono ai trifase; con trasformatore o senza, inverter a onda modificata o ad onda sinusoidale. Vi sono poi degli inverter specifici per gli impianti di accumulo, che vanno scelti separatamente e di cui parleremo in altra occasione. Vediamo in cosa consistono le caratteristiche di ognuno, sottolineando come possono essere anche combinati tra loro.

Inverter monofase o trifase

Hanno a che fare con la grandezza dell’impianto fotovoltaico a cui sono associati. Gli inverter monofase vengono infatti utilizzati per piccoli impianti domestici e si contrappongono agli inverter trifase, apparecchi che vengono usati per grossi impianti, specie nelle aziende o in grosse realtà. Più inverter monofase possono sostituire un inverter trifase.

Inverter con trasformatore o senza

Si tratta di una tipologia di inverter che garantisce un isolamento elettrico. Deve essere presente solo in luoghi (solitamente industriali) in cui lo impone la normativa vigente o se l’impianto necessita di una messa a terra. In alternativa il tipo più utilizzato è quello senza trasformatore, più piccolo e dalla prestazioni migliori.

Inverter a onda modificata o ad onda sinusoidale

Sono senza dubbio gli inverter meno costosi, e questo vantaggio corrisponde a svantaggi in termini sia di temperatura (si surriscaldano) che di rumore (sono piuttosto rumorosi). Non vanno bene, inoltre, in combinazione con impianti dotati di motore, per i quali sono preferibili gli inverter ad onda sinusoidale, più costosi ma più affidabili e, soprattutto, adattabili a qualsiasi tipo di dispositivo fotovoltaico.

Riscaldamento e bollette salate? Ecco come risparmiare e stare al caldo

Con la stagione fredda che avanza il riscaldamento autonomo è un piccolo lusso che oggi ci si può concedere senza i costi alti degli anni passati. Se tuttavia non si procede ad un utilizzo intelligente del riscaldamento, si rischia di pagare molto per i consumi, e di ricevere a casa bollette molto salate. Perché nelle case italiane si consuma tanto e come fare allora per aggirare questo ostacolo, evitare di spendere più del necessario per i consumi e stare comunque al caldo? Ecco qualche spiegazione e qualche consiglio furbo.

Perché in Italia si spende tanto per il riscaldamento

Le bollette salate per il consumo di gas sono purtroppo una realtà tutta italiana, in quanto molte case risultano piuttosto vecchie, costruite prima che il discorso dell’efficienza energetica fosse sdoganato e di grande importanza. Basti pensare che in un anno in una abitazione del nostro Paese i consumi oscillano tra i 140 e i 170 Kwh per metro quadrato! Le soluzioni però ci sono, e sono facilmente praticabili. Di seguito le più fattibili.

Scegli tecnologie ed impianti ad efficienza energetica

Sostituire il vecchio impianto per il riscaldamento, la vecchia caldaia o i vecchi condizionatori può farti risparmiare fino al 30-40% sulla bolletta, senza assolutamente subire un calo di comfort in casa. Potresti optare per pannelli solari, caldaia a biomasse o termocamino, condizionatori a basso consumo, oppure per una revisione di infissi e serramenti. Adegua poi la classe energetica della tua casa ad una A+ (per gli elettrodomestici si arriva anche ad A+++) e vedrai che i consumi scenderanno. Ricorda che per queste operazioni il Governo mette a disposizione il Superbonus 110, con rimborsi diversi secondo l’intervento che si andrà ad effettuare sulla riqualificazione energetica.

Regola il termostato ad una temperatura più bassa

Una delle dritte più efficaci per abbassare immediatamente i costi in bolletta è quella di regolare verso il basso la temperatura del termostato. Considera che la temperatura in casa non dovrebbe mai superare i 18-20°, non solo per i consumi, ma anche per la salute. È stato infatti dimostrato che vivere in ambienti non surriscaldati consente un potenziamento delle difese immunitarie. Oltre a ciò ne guadagna la tasca, visto che un solo grado in più può far aumentare i consumi fino ad un 8%.

Non dimenticare la manutenzione degli impianti di riscaldamento

La manutenzione degli impianti di riscaldamento (caldaia in primis) è un aspetto da non dimenticare mai se si vuole stare sicuri e si desidera contenere i consumi. Inoltre, dimostrando una manutenzione costante si evitano sanzioni. Periodicamente, perciò, verifica con dei tecnici specializzati il funzionamento della tua caldaia (il rischio è quello di dispersioni di gas) e se è necessario applica delle sostituzioni.

Preferisci le caldaie a condensazione rispetto alle tradizionali

Soprattutto se possiedi un camino, tieni a mente che è preferibile investire su una caldaia a condensazione piuttosto che su una tradizionale. Il motivo è presto detto: le caldaie a condensazione recuperano tutto il calore che è andato disperso nel camino e in pratica lo riciclano per riscaldare l’ambiente. Certo, costano di più rispetto alle caldaie tradizionali (quasi il doppio) ma nel tempo ammortizzerai la spesa con un risparmio sui consumi del 30% in meno.

E se non hai il riscaldamento autonomo? Allora utilizza le valvole

Se invece usufruisci di un riscaldamento centralizzato e non sei quasi mai a casa, per non sprecare e pagare più del dovuto utilizza le valvole termostatiche dei caloriferi: potrai in questo modo regolare il flusso di calore e spendere solo per ciò che utilizzi effettivamente.

Energia, previsioni al 2030: declino del carbone e più importanza alle rinnovabili

Tra dieci anni il carbone vivrà finalmente il suo declino definitivo, le energie rinnovabili avranno sempre più spazio e vi saranno sempre più persone che avranno domanda di elettricità. Sono, in sintesi, i risultati dello studio effettuato dall’IEA (International Energy Agency) sulle tendenze per le prossime decadi. Vediamo nei particolari alcune delle voci più interessanti di questo report (qui riportato integralmente: World Energy Outlook 2020).

Carbone in declino: -60% in Unione Europea nel 2030

La prima notizia che balza allo sguardo di chi legge il rapporto è questa previsione di un calo netto della richiesta di energia ricavata dal carbone. Secondo i calcoli statistici effettuati dall’IEA, in uno scenario ideale, fatto di energia ecosostenibile diffusasi largamente, il calo potrebbe arrivare al 40% nel mondo rispetto all’anno 2019. Restando nei parametri reali, d’altro canto, cioè considerando un andamento pressoché identico a quello odierno, il calo si assesterebbe su un -8%. Interessante notare come nei Paesi dell’Unione Europea la domanda potrebbe diminuire fino ad un 60%. Va però considerato l’aumento della domanda in Asia, in particolare in Paesi come l’India, che potrebbe arrivare a richiedere nel 2030 più energia da carbone rispetto ad oggi.

Aumenta la domanda di energia nucleare ma diminuisce il costo del fotovoltaico

Se da un lato la domanda di energia da carbone diminuisce, cresce invece quella ricavata da fonti nucleari. Le previsioni degli scienziati si attestano su un +15% a livello globale entro i prossimi dieci anni. Al contrario di quanto si verificherà per il carbone, la produzione qui diminuirà in Europa e nei Paesi Occidentali per accrescersi invece in Asia e nei Paesi in via di sviluppo (fino a un +60%), soprattutto in Cina.

Ottime le previsioni, invece, per il prezzo del fotovoltaico, che diverrà sempre più accessibile a larghe fasce di popolazione, con costi sempre più bassi, fino a diventare la forma di energia più economica in assoluto. Dai 50 dollari per Mwh del 2019 si calerà di oltre venti dollari in vent’anni, arrivando a circa 30 dollari nel 2040.

Petrolio molto più caro, a tutto vantaggio delle auto elettriche

Il prezzo di un barile di petrolio, arrivato a 63 dollari nel 2019, dovrebbe, secondo l’IEA raggiungere i 76 dollari nel 2030. Questo significa che non lo si abbandonerà, ma si continuerà ad investire in questa sorta di “oro nero”. Da notare però il balzo che avranno le auto elettriche secondo questo scenario: si parla addirittura di un +40% tra dieci anni (previsioni davvero ottimistiche) rispetto ad un mero 2,5% dello scorso anno. L’impennata improvvisa dell’acquisto e utilizzo di auto elettriche, alimentate ad idrogeno, porterebbe ad una diminuzione enorme delle emissioni di Co2 prodotte dalle fonti di energia a carbone: in pratica 1 milione di tonnellate in meno nel 2030! Considerando un aumento della popolazione mondiale, questa appare sicuramente come una buona notizia.

Più viaggi in aereo e paradossalmente anche un certo tipo di inquinamento

La gente avrà bisogno di spostarsi sempre di più, e in spazi sempre più ampi nei prossimi dieci anni. Di conseguenza i viaggi aerei aumenteranno di più del 50% (55), ma i danni saranno contenuti, in quanto è prevista un’accentuazione nell’adozione dei biocarburanti. Il dato che più sconcerta, invece, riguarda l’aumento dell’inquinamento in alcune zone del pianeta, cioè in quelle maggiormente prestate ad un aumento dell’urbanizzazione, per un totale di quasi 900 milioni di persone (850). Il pericolo maggiore sarà rappresentato dall’inquinamento all’interno delle case, causato dal riscaldamento a legna. Si dovrà perciò lavorare per risolvere anche questa criticità.

Temperature elevate del fotovoltaico? Ecco i nuovi pannelli solari

La tecnologia che utilizza l’energia alternativa fotovoltaica possiede tantissimi vantaggi: ne abbiamo parlato spesso anche qui nel nostro blog. L’adozione dei pannelli solari fotovoltaici contribuisce, nello specifico, al miglioramento dell’efficienza energetica e della salute dell’ambiente. Si tratta di una forma di green energy molto popolare, visto che in tutto il mondo sono installati più di 600 Giga Watt di pannelli fotovoltaici. Tuttavia in questo tipo di conversione energetica, dalla luce solare ad energia (luce, acqua, etc.) spesso viene a determinarsi una criticità. Quest’ultima si concretizza in un eccessivo calore emesso proprio dai pannelli, per un quantitativo che può oscillare dal 75 al 96% dell’energia solare assorbita in totale. La conseguenza di tale fenomeno è che la temperatura circostante esterna aumenta di diversi gradi, mentre la durata del pannello stesso diminuisce progressivamente. Come ovviare?

Dalla scienza via ai pannelli che si raffreddano con l’acqua atmosferica

Il problema è stato rilevato da alcuni scienziati dell’Università di Scienza e Tecnologia di Hong Kong, i quali hanno studiato per trovare una soluzione. Detto, fatto: dopo qualche tempo il team asiatico ha pubblicato una ricerca sull’ideazione di un nuovo tipo di pannello solare per il fotovoltaico che aspira l’acqua dall’aria per raffreddarsi automaticamente. In questo modo, i pannelli fotovoltaici resterebbero in piena efficienza per tutta la durata della loro attività, proprio perché hanno evitato il surriscaldamento (e un considerevole spreco di energia e denaro). Lo studio è stato pubblicato su Nature Sustainability lo scorso mese di maggio ed è in corso di brevetto. Vediamo come funzionano questi nuovi pannelli.

Nanotubi di carbonio e sali di cloruro di calcio per la “sudorazione” del pannello

Cosa succede, in pratica? Il pannello si raffredda attraverso l’acqua atmosferica, che riesce ad attirare con un meccanismo abbastanza semplice di aspirazione dall’aria. Una volta attirato, questo vapore viene trasformato in acqua liquida. Tale trasformazione può avvenire grazie a dei materiali innovativi: un gel ai nanotubi di carbonio e dei sali di cloruro di calcio. Questa piccola riserva di vapore catturato viene conservata in forma di gel fin quando le temperature sono più basse. Alla luce del sole, e via via che l’aria circostante si riscalderà, questo gel si trasforma in acqua, come una sorta di “sudorazione” che va finalmente a rinfrescare la superficie del pannello. Il meccanismo si avvia perciò in automatico sui pannelli, e preferibilmente di notte, quando l’umidità atmosferica è maggiore e da essa può essere ricavata molta acqua di raffreddamento. Con questo metodo, gli scienziati sono riusciti ad ottenere un abbassamento della temperatura dei pannelli solari di ben 10 gradi centigradi. Il risultato è dato da grossi benefici valutati anche sotto forma di produzione di elettricità, che con questo metodo aumenta in media del 15% circa.

Le tecnologie utilizzate in precedenza

Prima dello studio dei ricercatori di Hong Kong altre soluzioni sono state proposte per un raffreddamento dei pannelli solari. Tali tecnologie hanno però sempre pensato alla comune acqua, in forma liquida, e quindi spesso non sono praticabili: pensiamo ai luoghi privi di acqua, per siccità o particolare posizione geografica. A tali latitudini complessi sistemi di tubazione, serbatoi ed altre strutture di questo genere sono impensabili, e alla fine, per costi e trasporti, il pannello solare fotovoltaico finisce per non essere più un investimento di risparmio ma una notevole spesa in più. I pannelli che si raffreddano con il vapore acqueo atmosferico, invece, rappresentano una soluzione inedita davvero interessante che, ci auguriamo, sarà molto praticata ed adottata per una maggiore efficienza energetica e sostenibilità ambientale.

Quanto conosci davvero le potenzialità del risparmio energetico? Mettiti alla prova

Se leggi il nostro blog sarai di sicuro interessato a come portare avanti dei comportamenti virtuosi che siano a favore della salute del pianeta, in chiave di risparmio energetico. L’utilizzo delle energie alternative però non è il solo che possa contribuire a questo scopo. Esistono tanti aspetti che non conosciamo riguardo, ad esempio, all’energia elettrica, all’impiego delle fonti fossili, e altro, con dettagli decisamente inaspettati. E tu, quanto conosci davvero le potenzialità del risparmio energetico? Leggi queste curiosità e scopri se sei ferrato sull’argomento.

Energia elettrica: se spegni le luci risparmi. Non è sempre vero

Sappiamo tutti quanto risparmiare energia elettrica significhi non solo spendere molto meno in bolletta, ma anche inquinare di meno. Le lampadine tradizionali, però, consumavano davvero molto, tanto che l’Unione Europea è intervenuta con una direttiva vietando la loro vendita. Oggi si possono dunque acquistare solo tre tipi di lampadine: alogene, CFL (Compact Fluorescent Lamp) e a Led. Per risparmiare la corrente elettrica abbiamo ormai introiettato le regole che i nostri genitori ci impartivano fin da bambini, quando ci dicevano di spegnere le luci (e gli interruttori) quando passavamo da una stanza all’altra. Ora, se questo resta vero per le lampadine alogene (abbastanza simili alle tradizionali e non così convenienti), il discorso per le CFL e per le lampadine a led cambia. Le lampadine fluorescenti compatte sono quelle a risparmio energetico, con buone prestazioni e durabilità ottima. Hanno però una caratteristica: se le si accende e spegne troppo frequentemente si deteriorano e non funzionano più. Per cui è preferibile tenerle accese, e alla fine si risparmierà ugualmente.

La fonte di energia più abbondante sulla Terra è quella solare

Risparmiare sull’energia elettrica ha senso soprattutto quando fuori c’è il sole e non è affatto necessario tenere le luci accese. Una buona abitudine è dunque quella di ricorrere alle lampade solo quando c’è buio. Del resto, la fonte di energia più abbondante sulla Terra non arriva dal carbone e da fonti fossili, come molti pensano, ma dal Sole. Il carbone infatti, anche se ancora molto utilizzato sul nostro pianeta (solo negli Usa il 39% dell’energia deriva proprio dal carbone) e se comunque fonte rinnovabile, non è quantitativamente la più abbondante in natura. Quella solare invece sì, è la fonte di energia attualmente più grande, anche se comunque non inesauribile in assoluto. Basti pensare che in una sola ora di emissione di raggi solari sulla Terra si può soddisfare il fabbisogno energetico dell’intera umanità in un anno! Questo dato potrebbe dunque rappresentare una spinta per un’incentivazione alla costruzione di diversi impianti di energia solare, in particolar modo nelle zone desertiche.

Energia solare e industria aerospaziale

Di questo fatto si è accorta già da molto tempo, ormai, l’industria aerospaziale. È infatti dal 1958 che a Cape Canaveral hanno avuto inizio le sperimentazioni sull’energia solare inesauribile. Proprio in quell’anno fu mandato in orbita il famoso Vanguard 1, il satellite alimentato a celle solari. In questo può essere classificato come il primo satellite che ha montato dei pannelli fotovoltaici, in una assoluta sperimentazione, visto che allora nessuno aveva mai tentato l’utilizzo di questa tecnologia. La notizia straordinaria è che il Vanguard 1 si trova ancora in orbita intorno alla Terra, tanto che si è conquistato il primato di più antico oggetto in orbita che sia mai stato creato dall’essere umano. Anche se (ovviamente) le batterie si sono esaurite da un bel po’, e non è dunque più possibile comunicare con il satellite, si è calcolato che, proprio grazie all’energia solare, resterà in orbita per 240 anni complessivi (fino al 2198 circa).

La forza motrice delle maree: un’importante fonte di energia rinnovabile

Forse non tutti lo sanno, ma tra le energie rinnovabili, oltre a quella eolica, fotovoltaica, da biomasse e geotermica, c’è l’energia maremotrice, ovvero quella ricavata dalla forza delle maree. Si tratta di un particolare tipo di energia, che può essere ascritto all’energia idroelettrica, e che sfrutta la forza che le maree esercitano nel muovere enormi masse di acqua. Scopriamo allora come può essere utile all’uomo questa forma di energia, e come essa può aiutare l’ambiente.

Energia maremotrice: generata dai movimenti gravitazionali del Sole e della Luna

Sappiamo che le maree sono dovute alla forza gravitazionale esercitata dal Sole e dalla Luna sulle acque, forza che raggiunge il suo apice ogni 28 giorni (ciclo lunare). In questo apice, la velocità delle maree può raggiungere una velocità anche di 15 metri al secondo. Per raggiungere l’apice della forza all’energia maremotrice occorrono circa sei ore. Questo vuol dire che già in sole 12 ore una marea può sospingere fino a 115 miliardi di tonnellate di acqua! Tale potenza dell’acqua viene utilizzata per generare energia. Già anticamente la potenzialità delle maree era stata capita da molte popolazioni, tanto che non sono poche le costruzioni di pale e mulini ad acqua che convogliavano le acque verso flussi prestabiliti. Oggi, negli impianti più moderni, le acque delle maree vengono incanalate in alcuni tunnel, dove acquistano ancora più forza, la quale a sua volta servirà per alimentare la velocità di determinate turbine. Si tratta, in sintesi, di idrogeneratori, molto simili alle pale eoliche.

A cosa serve l’energia ricavata dalle maree e quali sono i suoi vantaggi e svantaggi

L’energia maremotrice, ricavata dal movimento delle maree, consente di generare energia elettrica in maniera completamente green, senza l’utilizzo di carburanti fossili o di petrolio. Come tutte le energie alternative, anche questa possiede i suoi vantaggi e svantaggi. I vantaggi possiamo dedurli anche osservando l’esempio pratico della centrale a energia maremotrice più grande al mondo: si trova in Corea del Nord presso il lago Sihwa. Operando senza sosta, questo impianto permette di alimentare l’energia elettrica per l’uso di una città (vicino a Seoul) di circa mezzo milione di abitanti. Ne consegue che viene risparmiato l’impiego di petrolio, che in Corea viene importato, in un numero di circa 860 mila barili all’anno, corrispondenti a 93 milioni di dollari. Inoltre il vantaggio è palese anche dal punto di vista ambientale, visto che vengono abbattute le emissioni di CO2 per un numero di circa 320 mila tonnellate! Si capisce bene, a questo punto, che i vantaggi dell’impiego dell’energia maremotrice sono enormi. Di contro, però, occorre mettere in conto anche gli svantaggi. Questi ultimi hanno a che fare con:

  • I costi della costruzione ed installazione delle centrali: a parità di risultati, costa molto meno investire in un semplice impianto di energia idroelettrica.
  • La specificità del territorio in cui creare una centrale: le maree devono creare un’ampiezza di almeno 3 metri, e in un Paese come l’Italia, protetto dal bacino del Mediterraneo, questo risulta alquanto difficile (a differenza dei territori oceanici).
  • L’impatto sul paesaggio: la costruzione di una centrale che sfrutta la forza maremotrice potrebbe provocare un’erosione su alcuni terreni, in particolare nei pressi di bacini fluviali. In quest’ultimo caso, inoltre, i sedimenti di deposito dei fiumi potrebbero essere anche di impedimento al corretto funzionamento dell’impianto.

In sintesi possiamo concludere che, sebbene questo tipo di energia consenta di risparmiare davvero tanto in termini economici, e di aiutare la causa ambientale, non può essere impiegata in maniera immediata e semplice, perché le centrali per energia maremotrice hanno bisogno di determinate caratteristiche geo morfologiche. In Italia si sta capendo come organizzarsi al meglio per accogliere questo tipo di energia, soprattutto in zone portuali. Ne sono un esempio il porto di Civitavecchia e quello di Messina.

Mozziconi di sigarette ed efficienza energetica: Sembra impossibile? E invece no!

Quante volte ci siamo trovati a passeggiare su una spiaggia libera, o su una strada non curata (magari con aiuole) e constatare la presenza di numerosi mozziconi di sigaretta a terra (o negli appositi contenitori)? Ferma restando la loro pericolosità per l’ambiente, oltre che per la salute, avreste mai pensato che proprio quei mozziconi potrebbero rivelarsi utilissimi alla promozione dell’efficienza energetica? Sembra impossibile da credere, in realtà è proprio così. Ecco in che modo.

Convertire le sostanze nocive in opportunità per l’ambiente

Un solo mozzicone di sigaretta contiene al suo interno tutta una serie di veleni: a parte la nicotina, di cui tutti sappiamo, ci sono anche il benzene, l’ammoniaca, diversi metalli pesanti (tra cui il piombo), e poi materiali radioattivi come il Polonio 210! Senza contare l’acetato di cellulosa, che va a comporre il filtro. Ora, tutte queste sostanze concentrate in un solo mozzicone di sigaretta, impiegano anni e anni (fino a 12) per essere degradati naturalmente. Consideriamo poi che sono circa 800 mila le tonnellate di mozziconi di sigaretta che annualmente finiscono nei bacini idrici, inquinandoli irrimediabilmente. Alcuni ricercatori si sono dunque posti l’interrogativo di convertire queste sostanze nocive in potenziale energetico per l’ambiente. La risposta è stata sorprendente! In particolare due ricercatori dell’Università di Nottingham (Robert Mokaya e Troy Scott Blankenship) hanno pubblicato il resoconto di questo studio sulla rivista Energy and Environmental Science (qui il link).

Materiali energetici con capacità di stoccaggio di idrogeno

In sintesi i mozziconi di sigaretta si sono rivelati in grado di stoccare molto bene l’idrogeno, producendo dei materiali energetici, in particolare biocarburanti. L’acetato di cellulosa, di cui è composto il filtro delle sigarette, è fatto di materia porosa, in grado perciò di inglobare altre sostanze. Vengono sottoposti a processo di carbonizzazione idrotermale fino a generare l’hydrocar, uno speciale carbonio che dà vita ad un particolare tipo di ossigeno capace di stoccare l’idrogeno come nessun altro materiale. Qual è l’impiego pratico di questa scoperta? Lo sviluppo di nuovi biocombustibili, che potranno nel tempo andare a sostituire la benzina o il gas per le automobili.

Il progetto Focus: l’innovazione made in Italy per la coltivazione di arbusti

Le ricerche dell’Università di Nottingham sono state sviluppate anche da un gruppo di studiosi del Centro interdipartimentale “Enrico Avanzi” dell’Università di Pisa, dando vita al progetto FOCUS (Filter Of Cygarettes reUsed Safely). Il progetto, dalla durata triennale, e cofinanziato per il 50% dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, vede coinvolti anche gli enti locali, con il Comune di Capannori, in provincia di Lucca, più l’Istituto sugli ecosistemi terrestri del Cnr ed altri istituti scientifici. Quello che si vuole dimostrare con il progetto italiano, è che oltre a dare vita ad un ottimo biocombustibile, i mozziconi di sigaretta possono rivelarsi delle basi per del materiale biodegradabile, al fine di ricavare un “substrato inerte” per la coltivazione di arbusti e piante ornamentali. L’applicazione di questa sostanza troverebbe largo impiego soprattutto nella coltura idroponica. La prima fase del progetto Focus è data dalla raccolta dei mozziconi in appositi contenitori. Mozziconi che verranno trattati separando gli elementi biodegradabili da quelli che non lo sono. Successivamente vi saranno delle “prove di germinazione”, per selezionare le migliori specie botaniche adatte a queste nuove colture. A queste prove seguiranno delle “prove di crescita”, fino ad ottenere delle micro alghe. Queste ultime serviranno proprio a ricavare dei biocarburanti, terminando il ciclo di purificazione dei mozziconi di sigaretta. In conclusione si può capire come anche da materiali considerati altamente nocivi possono venire fuori delle biomasse con scopi tutti a favore dell’ambiente e dell’economia.

Pellicole oscuranti per vetri: il risparmio energetico passa anche da qui

Hai mai pensato che apporre delle pellicole oscuranti alle finestre potrebbe contribuire al risparmio energetico per il pianeta? Se a questa considerazione aggiungi il fatto che le pellicole oscurarti possono farti anche risparmiare del denaro, allora si tratta di una soluzione che va presa in considerazione. Vediamo allora cosa sono le pellicole oscuranti per finestre e come possono essere utilizzate ed applicate.

Cosa sono le pellicole oscuranti per vetri e a cosa servono

Le pellicole oscuranti per finestre vengono in realtà identificate come pellicole riflettenti della luce, proprio perché la loro caratteristica principale è questa: riflettere i raggi solari invece di assorbirli. Il fatto che oscurino alla perfezione ha fatto però conoscere questi ausili di design e arredamento come “pellicole oscuranti”. Si tratta in pratica di vere e proprie barriere che vengono applicate agli infissi, ai serramenti o, appunto, alle finestre di una casa. Risultano molto valide in quelle abitazioni in cui è presente una forte escursione termica tra le ore del giorno e della notte. Impediscono infatti al calore e alla luce del sole di penetrare attraverso i vetri. Il loro utilizzo potrebbe essere paragonato ad una sorta di protezione solare che ci spalmiamo quando ci esponiamo al sole (al mare o in montagna): i raggi UV vengono filtrati, e di conseguenza i danni vengono limitati. Sebbene qui non si tratti di proteggere la pelle, è stato comunque dimostrato che, ad esempio, mobili di legno delicato, fiori, piante o altri oggetti esposti al sole, anche se dietro dei vetri, vengono protetti dall’applicazione delle pellicole oscuranti. Non indicate per le zone fredde, in cui la luce fa fatica a filtrare nelle case e a riscaldare gli ambienti, queste pellicole sono invece l’ideale nei Paesi con climi caldi ed assolati, permettendo di risparmiare sull’impiego di condizionatori, con un conseguente risparmio energetico e in bolletta. Si pensa erroneamente che queste pellicole siano perfette solo sulle vetrine dei negozi o nelle abitazioni. In verità possono essere utilizzate con successo in strutture come scuole, uffici postali e bancari, edifici pubblici.

I principali vantaggi delle pellicole oscuranti

Sono perciò molti i vantaggi derivati dall’utilizzo di queste applicazioni. Del bloccare i raggi solari si è detto, e ciò è dovuto alla speciale composizione di queste pellicole, fatta da filtri UV. Si riduce, in questo modo, anche la temperatura interna agli ambienti. Secondo alcuni rilievi effettuati, la riduzione dei raggi solari arriverebbe fino all’80% della potenza. L’altro principale vantaggio inoltre è il risparmio economico, accanto a quello energetico: risparmio che si concretizza non solo nell’abbattimento dei consumi in bolletta, ma anche perché in questo modo si evita la completa sostituzione di serramenti ed infissi. Pensiamo all’eventualità che tutti gli edifici di una città utilizzino questi dispositivi: l’abbattimento dei consumi energetici sarebbe davvero notevole!

La funzione decorativa delle pellicole oscuranti e la salvaguardia della privacy

Le pellicole oscuranti per vetri possono poi avere una interessante funzione decorativa e di abbellimento: negli ultimi tempi sono infatti state create delle personalizzazioni, soprattutto per conferire un tocco distintivo a negozi e alle vetrine degli esercizi commerciali o di uffici. In una abitazione, invece, diventano particolari all’interno della zona notte. Senza contare che permettono di evitare le tende, e le difficoltà che queste ultime pongono relativamente all’abbinamento con gli altri tessuti, all’arredo e ai colori. Insomma, le pellicole oscuranti per vetri garantiscono risparmio, salvaguardia dell’ambiente ed anche della privacy, strizzando un occhio al design. Ovviamente per far sì che le pellicole oscuranti per vetri diano tutti i loro vantaggi è necessario che l’applicazione venga eseguita da personale esperto e specializzato.

Biomasse: preziosa risorsa energetica per il pianeta

Si sente spesso parlare di biomasse come risorsa energetica alternativa rispetto al carbone e al petrolio. Così come il solare termico, il fotovoltaico, l’eolico, anche l’energia a biomasse può aiutare moltissimo nel processo di “decarbonizzazione”, e venire incontro ai migliori propositi ecologisti per salvaguardare il pianeta dai pericolosi cambiamenti climatici. Ma cosa sono le biomasse? Cosa indica il termine e come possono essere impiegate? Lo vediamo di seguito.

Materiali di origine biologica per contrastare l’energia fossile

Le biomasse non sono altro che dei materiali di natura biologica. Di solito possono essere residui di lavoro in agricoltura, che vengono trasformati al fine di trarne energia o per produrre del combustibile. Si tratta, in pratica, dei residui biodegradabili degli scarti agricoli o marini.

Bisogna ammettere che non si sente molto spesso parlare di biomasse, rispetto ad esempio all’energia solare, eolica o fotovoltaica, eppure questi residui organici possono risultare davvero molto utili per la sensibilizzazione verso un pianeta più pulito. Questi tipi di energie alternative possono infatti contribuire moltissimo ad abbattere l’effetto serra. Ciò è dovuto alla enorme capacità delle biomasse di inglobare ed assorbire anidride carbonica (CO2), sottraendola così all’atmosfera.

Nello specifico le biomasse comprendono:

  • alghe marine;
  • liquidi reflui ricavati dagli allevamenti di bestiame;
  • legna per le stufe o i camini;
  • residui del lavoro in agricoltura (in particolare agricoltura dello zucchero e dei cereali);
  • residui di attività forestali (soprattutto cellulose e resine dalla legna dei boschi);
  • scarti di industrie del comparto alimentare;
  • rifiuti organici (compost);
  • alcuni tipi di piante.

Le biomasse su indicate vengono poi trasformate in combustibile. Si può trattare di pellets, legno da ardere per il riscaldamento, oppure di materiali liquidi come oli vegetali e alcoli. Infine, le biomasse possono essere anche di tipo gassoso come il biogas prodotto da materiale organico al fine di generare energia elettrica o termica.

I vantaggi dell’utilizzo di biomasse

Molti sono i vantaggi che si possono ricavare dalle biomasse trasformate. Innanzitutto possono essere prodotte facilmente e senza l’ausilio di tecnologie complicate o costose. In secondo luogo la loro produzione evita lo spreco, perché si concentra su materiali da riutilizzare. Da non sottovalutare poi il fatto che le biomasse possono rappresentare una svolta per tutti i piccoli agricoltori, che in questo modo avrebbero a disposizione molta più energia per la produzione. Non possiedono, infine residui inquinanti, o almeno molto pochi, per cui sono tra le energie più pulite in assoluto. È importante, perciò, che queste fonti di energia vengano utilizzate anche dal singolo cittadino, ad esempio per il riscaldamento della casa o dell’acqua. In questo senso consigliamo le stufe a pellets, le caldaie a pellet o le caldaie a legno turbo, per avere la certezza di risparmiare sui consumi e allo stesso tempo aiutare nella riduzione dell’inquinamento.

La diffusione delle biomasse in Italia

Durante un convegno che si è tenuto nei mesi scorsi, a cui hanno partecipato Enea e GSE (Gestore dei Servizi Energetici) è stato fatto il punto della situazione sul livello di utilizzo delle energie alternative in Italia, e tra queste sono state incluse anche quelle derivanti da biomasse. È venuto fuori che le fonti rinnovabili nel nostro Paese rappresentano circa il 20% delle energie utilizzate in totale. All’interno delle fonti ecologiche, quelle ricavate da biomasse si attestano sul 70% in ambito termico, e al 30% da fonti energetiche rinnovabili. L’obiettivo è di fare molto meglio nei prossimi anni, anche con l’impegno assunto da parte di diversi Comuni italiani e di politiche energetiche più efficienti.

Fonte: dati ricavati dal convegno “Progetto Fuoco” di GSE, svoltosi a febbraio, da dossier RSE.

Energia rinnovabile batte fossile: risultato inedito in Europa

Buone notizie per chi crede nella svolta ecologica ed economica data dalle energie rinnovabili: per la prima volta in Europa queste battono le energie di derivazione fossile. Ciò sembra sia dovuto anche al lockdown da pandemia di Covid 19, che la scorsa primavera ha in pratica tenuto al chiuso milioni di persone nel mondo, “ripulendo” letteralmente l’aria. Cerchiamo di approfondire con qualche dato in più.

Da gennaio a giugno 2020 generato il 40% dell’elettricità

I dati vengono forniti da Ember, centro studi e di ricerca internazionale sul clima e le fonti rinnovabili di energia. Ebbene, proprio queste ultime sembra abbiano generato nei primi sei mesi del 2020 il 40% dell’elettricità nella zona Ue a 27. Se pensiamo che tutte le energie di derivazione da combustibile fossile (gas, carbone e così via) sono arrivate solo al 34% (con una diminuzione del 18%) si capisce che il dato è davvero positivo. Gran parte di questo risultato è stata dovuta alla “pausa” da lockdown causata dalla pandemia di Coronavirus, più le condizioni meteo molto favorevoli nella prima parte dell’anno. Hanno influito poi l’aumento degli investimenti in eolico (che cresce dell’11%) e nell’energia solare (che registra un +16%). Bene anche l’idroelettrico (+12%) e le biomasse (+1%).

In particolare, entrando nei dettagli: le energie rinnovabili assistono ad un aumento dell’11%, con l’eolico e il solare che raggiungono un 21% di produzione europea (cifre mai viste) con picchi nei paesi del Nord come la Danimarca (al 64%), l’Irlanda (49%) e la Germania (42%).

In calo le fonti da combustibile fossile e le emissioni di Co2

Per contro, l’altro dato estremamente positivo che Ember comunica ha a che fare con il calo delle fonti da combustibili fossili. Il carbone, ad esempio: la sua produzione è calata di ben 34 punti in percentuale, mentre quella della lignite del 29%. Anche il gas registra un calo, del 6% (l’Italia qui fa meglio di tutti, con un meno 16%). La conseguenza di queste diminuzioni è palese: un calo delle emissioni di anidride carbonica da Co2 in tutti i Paesi dell’Ue a 27 (tranne che per la Polonia, che invece continua ad utilizzare carbone) per un totale complessivo del 23%. Anche per questo motivo, secondo Ember, il 2020 sarà l’anno chiave per il definitivo sorpasso delle energie rinnovabili su quelle a combustibile fossile.

Il segreto per uscire dalla crisi economica globale passa da qui

Del resto già lo scorso aprile, in piena pandemia da Covid 19, un report pubblicato dall’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili (Irena) ha effettuato previsioni economiche su largo raggio di tempo. Si tratta di uno studio che approfondisce tutte le dinamiche delle strategie di investimento sulle energie alternative nel mondo, con un focus sui metodi da utilizzare per ottenere una riduzione delle emissioni da anidride carbonica a livello globale, fissandosi un obiettivo di -70% nei prossimi trent’anni. Secondo questo Global Renewables Outlook, dunque (è il nome dello studio in oggetto), nel 2050 il continuo e crescente utilizzo delle energie rinnovabili condurrà ad un incremento sul Pil mondiale fino a 98 trilioni di dollari! Di conseguenza l’occupazione avvertirebbe uno scossone enorme, riuscendo anche a quadruplicare la forza lavoro e di impiego.

Cinque sono, nello specifico, i pilastri verdi, chiave per ottenere questo risultato, cioè la decarbonizzazione: idrogeno verde, elettrificazione estesa, maggiore applicazione ed utilizzo delle energie rinnovabili, diminuzione delle emissioni di anidride carbonica, flessibilità del sistema energetico. Non resta, a questo punto, che riflettere su tali studi, e prendere atto che finalmente si stia andando nella giusta direzione.

Qui le fonti consultate:

dati del think tank Ember: https://ember-climate.org/

Global Renewables Outlook 2050, report dell’Irena: https://www.irena.org/publications/2020/Apr/Global-Renewables-Outlook-2020